Attilio Regolo, Friedrichstadt, Harpeter, 1750

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Sala terrena corrispondente a’ giardini.
 
 REGOLO, guardie africane e poi MANLIO
 
 REGOLO
905Ma che si fa? Non seppe
 forse ancor del Senato
 Amilcare il voler? Dov'è? Si trovi;
 partir convien. Qui che sperar per lui,
 per me non v'è più che bramar. Diventa
910colpa ad entrambi or la dimora. Ah vieni,
 vieni amico al mio seno. Era in periglio
 senza te la mia gloria; i ceppi miei
 per te conservo; a te si deve il frutto
 della mia schiavitù.
 MANLIO
                                       Sì; ma tu parti.
915Sì; ma noi ti perdiam.
 REGOLO
                                            Mi perdereste
 s'io non partissi.
 MANLIO
                                 Ah! Perché mai sì tardi
 incomincio ad amarti? Altri finora,
 Regolo, non avesti
 pegni dell'amor mio, se non funesti.
 REGOLO
920Pretenderne maggiori
 da un vero amico io non potea; ma pure
 se il generoso Manlio altri vuol darne,
 altri ne chiederò.
 MANLIO
                                  Parla.
 REGOLO
                                               Compito
 ogni dover di cittadino, alfine
925mi sovvien che son padre. Io lascio in Roma
 due figli, il sai, Publio ed Attilia; e questi
 son del mio cor, dopo la patria, il primo,
 il più tenero affetto. In lor traluce
 indole non volgar; ma sono ancora
930piante immature e di cultor prudente
 abbisognano entrambi. Il ciel non volle
 che l'opera io compissi. Ah tu ne prendi
 per me pietosa cura;
 tu di lor con usura
935la perdita compensa; al tuo bel core
 debbano e a' tuoi consigli
 la gloria il padre e l'assistenza i figli.
 MANLIO
 Sì tel prometto. I preziosi germi
 custodirò geloso. Avranno un padre,
940se non degno così, tenero almeno
 al par di te. Della virtù romana
 io lor le tracce additerò. Né molto
 sudor mi costerà. Basta a quell'alme,
 di bel desio già per natura accese,
945l'istoria udir delle paterne imprese.
 REGOLO
 Or sì più non mi resta...
 
 SCENA II
 
 PUBLIO e detti
 
 PUBLIO
 Manlio! Padre!
 REGOLO
                               Che avvenne?
 PUBLIO
 Roma tutta è in tumulto. Il popol freme;
 non si vuol che tu parta.
 REGOLO
                                              E sarà vero
950che un vergognoso cambio
 possa Roma bramar?
 PUBLIO
                                          No; cambio o pace
 Roma non vuol; vuol che tu resti.
 REGOLO
                                                              Io! Come?
 E la promessa? E il giuramento?
 PUBLIO
                                                              Ognuno
 grida che fé non dessi
955a perfidi serbar.
 REGOLO
                                 Dunque un delitto
 scusa è dell'altro. E chi sarà più reo
 se l'esempio è discolpa?
 PUBLIO
                                              Or si raduna
 degli auguri il colleggio. Ivi deciso
 il gran dubbio esser deve.
 REGOLO
                                                  Uopo di questo
960oracolo io non ho. So che promisi;
 voglio partir. Potea
 della pace o del cambio
 Roma deliberar. Del mio ritorno
 a me tocca il pensier. Pubblico quello,
965questo è privato affar. Non son qual fui;
 né Roma ha dritto alcun sui servi altrui.
 PUBLIO
 Degli auguri il decreto
 s'attenda almen.
 REGOLO
                                 No; se l'attendo, approvo
 la loro autorità. Custodi al porto. (Agli africani)
970Amico addio. (A Manlio partendo)
 MANLIO
                             No Regolo; se vai
 fra la plebe commossa, a viva forza
 può trattenerti; e tu, se ciò succede,
 tutta Roma fai rea di poca fede.
 REGOLO
 Dunque mancar degg'io?...
 MANLIO
                                                    No; andrai; ma lascia
975che quest'impeto io vada
 prima a calmar. Ne sederà l'ardore
 la consolare autorità.
 REGOLO
                                         Rimango
 Manlio su la tua fé. Ma...
 MANLIO
                                               Basta; intendo.
 La tua gloria desio;
980e conosco il tuo cor. Fidati al mio.
 
    Fidati pur; rammento
 che nacqui anch'io romano.
 Al par di te mi sento
 fiamme di gloria in sen.
 
985   Mi niega, è ver, la sorte
 le illustri tue ritorte;
 ma se le bramo invano,
 so meritarle almen. (Parte)
 
 SCENA III
 
 REGOLO e PUBLIO
 
 REGOLO
 E tanto or costa in Roma,
990tanto or si suda a conservar la fede!
 Dunque... Ah Publio! E tu resti? E sì tranquillo
 tutto lasci all'amico
 d'assistermi l'onor? Corri; procura
 tu ancor la mia partenza. Esser vorrei
995di sì gran beneficio
 debitore ad un figlio.
 PUBLIO
                                         Ah padre amato
 ubbidirò; ma...
 REGOLO
                               Che? Sospiri! Un segno
 quel sospiro saria d'animo oppresso!
 PUBLIO
 
    Sì, lo confesso,
1000morir mi sento.
 Ma questo istesso
 crudel tormento
 è il più bel merito
 del mio valor.
 
1005   Qual sacrificio
 padre farei,
 se fosse il vincere
 gli affetti miei
 opra sì facile
1010per questo cor? (Parte)
 
 SCENA IV
 
 REGOLO ed AMILCARE
 
 AMILCARE
 Regolo alfin...
 REGOLO
                            Senza che parli intendo
 già le querele tue. Non ti sgomenti
 il moto popolar; Regolo in Roma
 vivo non resterà.
 AMILCARE
                                  Non so di quali
1015moti mi vai parlando. Io querelarmi
 teco non voglio. A sostenerti io venni
 che solo al Tebro in riva
 non nascono gli eroi,
 che vi sono alme grandi anche fra noi.
 REGOLO
1020Sia. Non è questo il tempo
 di inutili contese. I tuoi raccogli;
 t'appresta alla partenza.
 AMILCARE
 No. Pria m'odi; e rispondi.
 REGOLO
                                                   (Oh sofferenza!)
 AMILCARE
 È gloria l'esser grato?
 REGOLO
1025L'esser grato è dover. Ma già sì poco
 questo dover s'adempie,
 ch'oggi è gloria il compirlo.
 AMILCARE
                                                    E se il compirlo
 costasse un gran periglio?
 REGOLO
                                                  Ha il merto allora
 d'un'illustre virtù.
 AMILCARE
                                    Dunque non puoi
1030questo merto negarmi. Odi. Mi rende
 del proprio onor geloso
 la mia Barce il tuo figlio; e pur l'adora;
 io generoso ancora
 vengo il padre a salvargli; e pur m'espongo
1035di Cartago al furor.
 REGOLO
                                      Tu! Vuoi salvarmi!
 AMILCARE
 Io.
 REGOLO
         Come!
 AMILCARE
                        A te lasciando
 agio a fuggir. Questi custodi ad arte
 allontanar farò. Tu cauto in Roma
 celati sol fintanto
1040che, senza te con simulato sdegno,
 quindi l'ancore io sciolga.
 REGOLO
 (Barbaro!)
 AMILCARE
                       E ben che dici?
 Ti sorprende l'offerta.
 REGOLO
                                           Assai.
 AMILCARE
                                                         L'avresti
 aspettata da me?
 REGOLO
                                  No.
 AMILCARE
                                            Pur la sorte
1045non ho d'esser roman.
 REGOLO
                                           Si vede.
 AMILCARE
                                                            Andate
 custodi... (Agli africani)
 REGOLO
                     Alcun non parta. (a’ medesimi)
 AMILCARE
 Perché?
 REGOLO
                  Grato io ti sono
 del buon voler; ma verrò teco.
 AMILCARE
                                                         E sprezzi
 la mia pietà?
 REGOLO
                           No; ti compiango. Ignori
1050che sia virtù. Mostrar virtù pretendi;
 e me, la patria tua, te stesso offendi.
 AMILCARE
 Io!
 REGOLO
         Sì. Come disponi
 della mia libertà? Servo son io
 di Cartago o di te?
 AMILCARE
                                     Non è tuo peso
1055l'esaminar se il beneficio...
 REGOLO
                                                   È grande
 il beneficio inver! Rendermi reo,
 profugo, mentitor...
 AMILCARE
                                       Ma qui si tratta
 del viver tuo. Sai che supplizi atroci
 Cartago t'apprestò? Sai quale scempio
1060là si farà di te?
 REGOLO
                              Ma tu conosci
 Amilcare i Romani?
 Sai che vivon d'onor? Che questo solo
 è sprone all'opre lor, misura, oggetto?
 Senza cangiar d'aspetto
1065qui s'impara a morir. Qui si deride
 pur che gloria produca ogni tormento;
 e la sola viltà qui fa spavento.
 AMILCARE
 Magnifiche parole
 belle ad udir. Ma inopportuno è meco
1070quel fastoso linguaggio. Io so che a tutti
 la vita è cara, e che tu stesso...
 REGOLO
                                                        Ah troppo
 di mia pazienza abusi. I legni appresta,
 raduna i tuoi seguaci;
 compisci il tuo dover, barbaro, e taci.
 AMILCARE
 
1075   Fa' pur l'intrepido;
 m'insulta audace;
 chiama pur barbara
 la mia pietà.
 
    Sul Tebro Amilcare
1080t'ascolta e tace;
 ma presto in Africa
 risponderà. (Parte)
 
 SCENA V
 
 REGOLO, poi ATTILIA
 
 REGOLO
 E Publio non ritorna!
 E Manlio... Oimè! Che rechi mai sì lieta,
1085sì frettolosa Attilia?
 ATTILIA
                                       Il nostro fato
 già dipende da te; già cambio o pace
 fida a' consigli tuoi
 Roma non vuol; ma rimaner tu puoi.
 REGOLO
 Sì; col rossor...
 ATTILIA
                              No; su tal punto il sacro
1090Senato pronunciò. L'arbitro sei
 di partir, di restar. Giurasti in ceppi;
 né obligar può sé stesso
 chi libero non è.
 REGOLO
                                 Libero è sempre
 chi sa morir. La sua viltà confessa
1095chi l'altrui forza accusa.
 Io giurai perché volli;
 voglio partir perché giurai.
 
 SCENA VI
 
 PUBLIO e detti
 
 PUBLIO
                                                    Ma invano
 signor lo speri.
 REGOLO
                              E chi potrà vietarlo?
 PUBLIO
 Tutto il popolo o padre. È affatto ormai
1100incapace di fren. Per impedirti
 il passaggio alle navi, ognun s'affretta
 precipitando al porto; e son di Roma
 già l'altre vie deserte.
 REGOLO
                                          E Manlio?
 PUBLIO
                                                               È il solo
 che ardisca opporsi ancora
1105al voto universal. Prega; minaccia,
 ma tutto inutilmente. Alcun non l'ode,
 non l'ubbidisce alcun. Cresce a momenti
 la furia popolar. Già su le destre
 ai pallidi littori
1110treman le scuri; e non ritrova ormai
 in tumulto sì fiero
 esecutori il consolare impero.
 REGOLO
 Attilia addio. Publio mi siegui. (In atto di partir)
 ATTILIA
                                                           E dove?
 REGOLO
 A soccorrer l'amico. Il suo delitto
1115a rinfacciare a Roma. A conservarmi
 l'onor di mie catene.
 A partire, o a spirar su queste arene. (Partendo)
 ATTILIA
 Ah padre, ah no. Se tu mi lasci... (Piangendo)
 REGOLO
                                                              Attilia! (Serio ma senza sdegno)
 Molto al nome di figlia,
1120al sesso ed all'età finor donai.
 Basta; si pianse assai. Per involarmi
 d'un gran trionfo il vanto,
 non congiuri con Roma anche il tuo pianto.
 ATTILIA
 Ah tal pena è per me... (Come sopra)
 REGOLO
                                             Per te gran pena
1125è il perdermi lo so. Ma tanto costa
 l'onor d'esser romana.
 ATTILIA
                                           Ogn'altra prova
 son pronta...
 REGOLO
                          E qual? Co' tuoi consigli andrai
 forse fra i padri a regolar di Roma
 in Senato il destin? Con l'elmo in fronte
1130forse i nemici a debellar pugnando
 fra l'armi suderai? Qualche disastro
 se a soffrir per la patria atta non sei
 senza viltà, di', che farai per lei?
 ATTILIA
 È ver. Ma tal costanza...
 REGOLO
1135È difficil virtù. Ma Attilia alfine
 è mia figlia e l'avrà. (Partendo)
 ATTILIA
                                        Sì quanto io possa
 gran genitor t'imiterò. Ma... oh dio!
 Tu mi lasci sdegnato;
 io perdei l'amor tuo.
 REGOLO
                                        No figlia io t'amo;
1140io sdegnato non son. Prendine in pegno
 questo amplesso da me. Ma questo amplesso
 costanza, onor, non debbolezza inspiri.
 ATTILIA
 Ah sei padre, mi lasci; e non sospiri!
 REGOLO
 
    Io son padre e nol sarei,
1145se lasciassi a' figli miei
 un esempio di viltà.
 
    Come ogn'altro ho core in petto;
 ma vassallo è in me l'affetto;
 ma tiranno in voi si fa. (Parte con Publio)
 
 SCENA VII
 
 ATTILIA, poi BARCE
 
 ATTILIA
1150Su costanza o mio cor. Deboli affetti
 sgombrate da quest'alma; inaridite
 ormai su queste ciglia
 lagrime imbelli. Assai si pianse; assai
 si palpitò. La mia virtù natia
1155sorga al paterno sdegno;
 ed Attilia non sia
 il ramo sol di sì gran pianta indegno.
 BARCE
 Attilia è dunque ver? Dunque a dispetto
 del popol, del Senato,
1160degli auguri, di noi, del mondo intero
 Regolo vuol partir?
 ATTILIA
                                      Sì. (Con fermezza)
 BARCE
                                              Ma che insano
 furor?...
 ATTILIA
                  Più di rispetto (Come sopra)
 Barce agli eroi.
 BARCE
                               Come! Del padre approvi
 l'ostinato pensier?
 ATTILIA
                                     Del padre adoro
1165la costante virtù.
 BARCE
                                 Virtù che a' ceppi,
 che all'ire altrui, che a vergognosa morte
 certamente dovrà...
 ATTILIA
                                      Taci. Quei ceppi, (S’intenerisce di nuovo)
 quell'ire, quel morir del padre mio
 saran trionfi.
 BARCE
                           E tu n'esulti?
 ATTILIA
                                                      (Oh dio!) (Piange)
 BARCE
1170Capir non so...
 ATTILIA
                              Non può capir chi nacque
 in barbaro terren per sua sventura
 come al paterno vanto
 goda una figlia.
 BARCE
                               E perché piangi intanto?
 ATTILIA
 
    Vuol tornar la calma in seno,
1175quando in lagrime si scioglie
 quel dolor che la turbò.
 
    Come torna il ciel sereno
 quel vapor che i rai gli toglie,
 quando in pioggia si cangiò. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 BARCE sola
 
 BARCE
1180Che strane idee questa produce in Roma
 avidità di lode! Invidia i ceppi
 Manlio del suo rival! Regolo abborre
 la pubblica pietà! La figlia esulta
 nello scempio del padre! E Publio... Ah questo
1185è caso inver che ogni credenza eccede.
 E Publio ebro d'onor m'ama, e mi cede!
 
    Ceder l'amato oggetto
 né spargere un sospiro
 sarà virtù; l'ammiro;
1190ma non la curo in me.
 
    Di gloria un'ombra vana
 in Roma è il solo affetto;
 ma l'alma mia romana,
 lode agli dei, non è. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Portici magnifici su le rive del Tevere; navi pronte nel fiume per l’imbarco di Regolo. Ponte che conduce alla più vicina di quelle. Popolo numeroso che impedisce il passaggio alle navi. Africani su le medesime. Littori col console.
 
 MANLIO e LICINIO
 
 LICINIO
1195No. Che Regolo parta
 Roma non vuole.
 MANLIO
                                  Ed il Senato? Ed io
 non siam parte di Roma?
 LICINIO
                                                 Il popol tutto
 è la maggior.
 MANLIO
                           Non la più sana.
 LICINIO
                                                           Almeno
 la men crudel. Noi conservar vogliamo
1200pieni di gratitudine e d'amore
 a Regolo la vita.
 MANLIO
                                E noi l'onore.
 LICINIO
 L'onor...
 MANLIO
                   Basta; io non venni
 a garrir teco. Olà; libero il varco
 lasci ciascuno. (Al popolo)
 LICINIO
                              Olà; nessun si parta. (Al medesimo)
 MANLIO
1205Io l'impongo.
 LICINIO
                            Io lo vieto.
 MANLIO
                                                  Osa Licinio
 al console d'opporsi?
 LICINIO
                                         Osa al tribuno
 d'opporsi Manlio?
 MANLIO
                                    Or si vedrà. Littori
 sgombrate il passo. (I littori innalzando le scuri tentano avvanzarsi)
 LICINIO
                                       Il passo
 difendete o Romani. (Al popolo che si mette in difesa)
 MANLIO
                                         Oh dei! Con l'armi
1210si resiste al mio cenno! In questa guisa
 la maestà...
 LICINIO
                        La maestà di Roma
 nel popolo risiede; e tu l'oltraggi
 contrastando con lui.
 MANLIO
                                         Dunque o Quiriti... (Al popolo)
 POPOLO
 Regolo resti.
 MANLIO
                          Udite.
1215Lasciate che l'inganno io manifesti.
 POPOLO
 Resti Regolo.
 MANLIO
                           Ah voi...
 POPOLO
                                             Regolo resti.
 
 SCENA ULTIMA
 
 REGOLO e seco tutti
 
 REGOLO
 Regolo resti! Ed io l'ascolto? Ed io
 creder deggio a me stesso? Una perfidia
 si vuol? Si vuole in Roma?
1220Si vuol da me? Quai popoli or produce
 questo terren? Sì vergognosi voti
 chi formò? Chi nutrilli?
 Dove sono i nepoti
 de' Bruti, de' Fabrizi e de' Camilli?
1225Regolo resti! Ah per qual colpa e quando
 meritai l'odio vostro?
 LICINIO
                                          È il nostro amore
 signor quel che pretende
 franger le tue catene.
 REGOLO
                                         E senza queste
 Regolo che sarà? Queste mi fanno
1230de' posteri l'esempio,
 il rossor de' nemici,
 lo splendor della patria; e più non sono,
 se di queste mi privo,
 che uno schiavo spergiuro e fuggitivo.
 LICINIO
1235a' perfidi giurasti;
 giurasti in ceppi; e gli auguri...
 REGOLO
                                                           Eh lasciamo
 all'Arabo ed al Moro
 questi d'infedeltà pretesti indegni.
 Roma a' mortali a serbar fede insegni.
 LICINIO
1240Ma che sarà di Roma
 se perde il padre suo?
 REGOLO
                                           Roma rammenti
 che il suo padre è mortal, che alfin vacilla
 anch'ei sotto l'acciar, che sente alfine
 anch'ei le vene inaridir, che ormai
1245non può versar per lei
 né sangue né sudor, che non gli resta
 che finir da romano. Ah n'apre il cielo
 una splendida via; de' giorni miei
 posso l'annoso stame
1250troncar con lode; e mi volete infame!
 No; possibil non è. De' miei Romani
 conosco il cor. Da Regolo diverso
 pensar non può chi respirò nascendo
 l'aure del Campidoglio. Ognun di voi
1255so che nel cor m'applaude;
 so che m'invidia, e che fra' moti ancora
 di quel che l'ingannò tenero eccesso,
 fa voti al ciel di poter far l'istesso.
 Ah non più debbolezza. A terra, a terra
1260quell'armi inopportune; al mio trionfo
 più non tardate il corso
 o amici, o figli, o cittadini. Amico
 favor da voi dimando;
 esorto cittadin; padre comando.
 ATTILIA
1265(Oh dio! Ciascun già l'ubbidisce!)
 PUBLIO
                                                                (Oh dio!
 Ecco ogni destra inerme!)
 LICINIO
 Ecco sgombro il sentier.
 REGOLO
                                              Grazie vi rendo
 propizi dei. Libero è il passo. Ascendi
 Amilcare alle navi. Anch'io non tardo,
1270già sieguo i passi tui.
 AMILCARE
 (Alfin comincio ad invidiar costui). (Sale su la nave)
 REGOLO
 Romani addio. Siano i congedi estremi
 degni di noi. Lode agli dei vi lascio
 e vi lascio romani. Ah conservate
1275illibato il gran nome; e voi sarete
 gli arbitri della terra; e il mondo intero
 roman diventerà. Numi custodi
 di quest'almo terren, dee protettrici
 della stirpe d'Enea confido a voi
1280questo popol d'eroi; sian vostra cura
 questo suol, questi tetti e queste mura.
 Fate che sempre in esse
 la costanza, la fé, la gloria alberghi,
 la giustizia, il valore. E se giammai
1285minaccia al Campidoglio
 alcun astro maligno influssi rei,
 ecco Regolo o dei; Regolo solo
 sia la vittima vostra e si consumi
 tutta l'ira del ciel sul capo mio;
1290ma Roma illesa... Ah qui si piange! Addio.
 CORO DI ROMANI
 
    Onor di questa sponda,
 padre di Roma addio;
 degli anni e dell'oblio
 noi trionfiam per te.
 
1295   Ma troppo costa il vanto;
 Roma ti perde intanto;
 ed ogni età feconda
 di Regoli non è.
 
 FINE